lunedì 26 febbraio 2018

Nabucco - Nucci, Guleghina, Prestia; Luisi 2001 - Arthaus Musik

Lo spettacolo di Kramer, in una scenografia essenziale e costumi moderni, è incisivo e suggestivo a partire dalla sinfonia in cui vengono presentati quattro bambini in atto di giocare e litigare, simbolo di inimicizie ataviche, fino all’apparire del testo sacro ebraico sullo sfondo nel coro iniziale e al suo sgretolarsi al momento della proclamazione divina di Nabucco, dai segni del potere che fanno gola e che sono racchiusi in un’urna, al coro che, cantando il brano più famoso dell’opera, si erge a poco a poco mostrando ciascuno una foto di un deportato. E questi sono solo alcuni esempi. La direzione di Luisi è sempre decisa e ricca di colori e mai prevarica sui cantanti. Non sono esenti alcuni "zumpapa", in ispecie all’ingresso di Nabucco o in alcuni toni battaglieri e accenti marziali, ma alcune pagine, come la scena di Abigaille, il suono è estremamente struggente. Il coro, che buona parte svolge in ogni atto, è sicuro anche nella pronuncia; soprattutto il «Va’ pensiero» è privo di eccessi di cattivo gusto ma è implorante, disteso e composto. Nucci ha in Nabucco uno dei suoi personaggi più intensi. Linea sicura, irruente e perentoria in ogni scena, brilla in particolar modo per gli accenti e il fraseggio nel duetto con Abigaille. La recitazione, poi, è di presa immediata: senza neanche essere arricchito da costumi particolari e trucchi vari, la sua faccia esprime ogni sentimento del personaggio: dall’ira allo sbigottimento al termine del secondo atto, dalla supplica al rischiararsi della mente nel quarto. La Guleghina presenta una delle sue migliori Abigaille. Già dall’entrata in cui si mette alla prova tutto il registro grave, per passare poi alla fluida perorazione d’amore la sua voce sicura e la presenza scenica marcano chiaramente il personaggio. Momento memorabile è la prima scena del secondo atto: l’alternarsi del tono tra sdegno e lamento, la linea sostenuta, le variazioni nella ripresa della cabaletta, l’accento caratteristico su «l’umil schiava» sono di indubbia maestria. Solo da notare alcuni acuti finali un po’ schiacciati (a tal proposito, in questa edizione giustamente non inserisce l’estraneo mi bemolle alla fine del duetto con Nabucco). Nella scena finale corale, in cui emerge un tono più lirico, altrettanto bene la resa vocale. Prestia ha una tessitura adatta per il ruolo di Zaccaria, come anche un tono solenne e ieratico necessario per questo personaggio drammatico che, in questa rappresentazione, smorza solo lievemente il suo carattere prendendo in braccio alcuni bambini nella danza del primo atto. Rimane però qualche oscillazione nella voce, soprattutto nell’'aria di sortita. Dvorsky e la Domashenko se la cavano nei personaggi minori. Il primo ha voce calda ma segnata da evidenti sforzi. La seconda è elegante e di importante presenza soprattutto nel terzetto e nel concertato.

5/5.

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