Lo
spettacolo di Kramer, in una scenografia essenziale e costumi moderni, è
incisivo e suggestivo a partire dalla sinfonia in cui vengono presentati
quattro bambini in atto di giocare e litigare, simbolo di inimicizie ataviche,
fino all’apparire del testo sacro ebraico sullo sfondo nel coro iniziale e al
suo sgretolarsi al momento della proclamazione divina di Nabucco, dai segni del
potere che fanno gola e che sono racchiusi in un’urna, al coro che, cantando il
brano più famoso dell’opera, si erge a poco a poco mostrando ciascuno una foto
di un deportato. E questi sono solo alcuni esempi. La direzione di Luisi è
sempre decisa e ricca di colori e mai prevarica sui cantanti. Non sono esenti alcuni
"zumpapa", in ispecie all’ingresso di Nabucco o in alcuni toni
battaglieri e accenti marziali, ma alcune pagine, come la scena di Abigaille,
il suono è estremamente struggente. Il coro, che buona parte svolge in ogni
atto, è sicuro anche nella pronuncia; soprattutto il «Va’ pensiero» è privo di
eccessi di cattivo gusto ma è implorante, disteso e composto. Nucci ha in Nabucco
uno dei suoi personaggi più intensi. Linea sicura, irruente e perentoria in
ogni scena, brilla in particolar modo per gli accenti e il fraseggio nel duetto
con Abigaille. La recitazione, poi, è di presa immediata: senza neanche essere
arricchito da costumi particolari e trucchi vari, la sua faccia esprime ogni
sentimento del personaggio: dall’ira allo sbigottimento al termine del secondo
atto, dalla supplica al rischiararsi della mente nel quarto. La Guleghina
presenta una delle sue migliori Abigaille. Già dall’entrata in cui si mette
alla prova tutto il registro grave, per passare poi alla fluida perorazione d’amore
la sua voce sicura e la presenza scenica marcano chiaramente il personaggio.
Momento memorabile è la prima scena del secondo atto: l’alternarsi del tono tra
sdegno e lamento, la linea sostenuta, le variazioni nella ripresa della
cabaletta, l’accento caratteristico su «l’umil schiava» sono di indubbia
maestria. Solo da notare alcuni acuti finali un po’ schiacciati (a tal
proposito, in questa edizione giustamente non inserisce l’estraneo mi bemolle
alla fine del duetto con Nabucco). Nella scena finale corale, in cui emerge un
tono più lirico, altrettanto bene la resa vocale. Prestia ha una tessitura
adatta per il ruolo di Zaccaria, come anche un tono solenne e ieratico
necessario per questo personaggio drammatico che, in questa rappresentazione,
smorza solo lievemente il suo carattere prendendo in braccio alcuni bambini
nella danza del primo atto. Rimane però qualche oscillazione nella voce, soprattutto
nell’'aria di sortita. Dvorsky e la Domashenko se la cavano nei personaggi
minori. Il primo ha voce calda ma segnata da evidenti sforzi. La seconda è
elegante e di importante presenza soprattutto nel terzetto e nel concertato.
5/5.