martedì 27 settembre 2011

idomeneo (4)

Il cast (Antonio Raaf, Idomeneo; Vincenzo dal Prato, Idamante; Dorothea Wendling, Ilia; sua cognata Elisabeth, Elettra; Domenico de' Panzachi, Arbace; Giovanni Valesi, il gran sacerdote) era stato scelto prima che Mozart partisse da Salisburgo il 5 novembre. Siccome conosceva quasi tutti i cantanti già da prima, il compositore era in grado di scrivere la maggior parte del primo atto prima di partire per monaco. Mozart era ansioso di orchestrare completamente il primo atto, ed era pronto per le prove verso la fine di novembre. Il carteggio tra il musicista e il padre, durante le prime dieci settimane di prove e di preparazione, offre un quadro dettagliato e rivelatore di quale fosse la genesi dei lavori mozartiani di grandi dimensioni. Le lettere spiegano anche le molte modifiche che il musicista dovette apportare alla partitura (e perciò anche al libretto) per adattare la sua idea, sempre in evoluzione, dell'effetto drammatico generale dell'opera (il che ebbe come risultato molti tagli cruciali, specialmente nel terzo atto), e per ovviare così ai limiti tecnici di alcuni membri del cast, soprattutto Raaf e dal Prato. (R. Golding)

martedì 20 settembre 2011

idomeneo (3)

Come librettista Mozart scelse l'abate Giambattista Varesco, cappellano di corte a Salisburgo, che, quasi certamente, aveva adattato il libretto di Metastasio de Il re pastore per l'allestimento di Salisburgo del 23 aprile 1775. Questo presentava il vantaggio che Mozart poteva lavorare a stretto contatto con Varesco a Salisburgo durante le prime fasi della composizione dell'opera. Inoltre suo padre poteva agire da intermediario per tutte le modifiche (che alla fine furono molte) che il musicista avesse voluto apportare al testo, dopo che si era recato a Monaco per le prove e per completare la composizione dell'opera con i cantanti in loco. E' chiaro che tra Mozart e le autorità di corte a Monaco era stato raggiunto un accordo su come adattare il testo di Danchet. Questo riguardava la successione dei numeri individuali, il numero delle arie di ciascun cantante, e la lunghezza dei recitativi. Poiché Mozart era occupato con le fasi iniziali del lavoro sulla partitura a Salisburgo, molte delle prime lettere dirette a Monaco dovevano evidentemente essere state portate da suo padre; e Leopold non si limitò a dei consigli semplicemente tecnici, ma si diede ad esprimere opinioni in materia musicale, come il tipo di effetto appropriato per l'oracolo (la Voce), e il modo in cui doveva essere accompagnato. "Non ho dubbi che per accompagnare la voce sotterranea sceglierai degli strumenti a fiato molto gravi. Che cosa ne diresti se dopo il lieve rombo sotterraneo gli strumenti sostenessero, o piuttosto cominciassero a sostenere, le loro note piano, e poi facessero un crescendo tale da ispirare terrore, mentre dopo di questo e durante il diminuendo la voce cominciasse a cantare?". (R. Golding)

martedì 13 settembre 2011

idomeneo (2)

Il gusto operistico di Carl Theodor si rivela nelle opere eseguite per carnevale tra il 1780 e il 1787 (quando le rappresentazioni vennero interrotte per motivi economici): il Telemaco di Paul Grua, l'Idomeneo di Mozart, la Semiramide di Antonio Salieri, il Tancredi di Ignaz Holzbauer, l'Armida abbandonata di Alessio Prati, e il Castore e Polluce dell'abate Vogler. Si trattava quindi di soggetti classici, basati per la maggior parte su vecchi drammi francesi. Lo stesso Idomeneo era un adattamento di Idomenée una tragédie lyrique di Antoine Danchet, che era andata in scena per la prima volta a Parigi durante la stagione di carnevale del 1712, con musica di André Campra. Il dramma si basa sul mito di Idomeneo, re di Creta, che fa naufragio durante il suo ritorno dalla guerra di Troia, e giura di sacrificare a Nettuno (Poseidone) la prima persona che incontrerà, se il dio gli concederà di approdare sano e salvo. Idomeneo incontra per primo suo figlio Idamante (c'è una somiglianza ovvia con la storia biblica di Iefte). E' possibile, anche se non molto probabile, che Mozart stesso abbia scelto l'Idomenée; ma è più probabile che la scelta sia stata dell'Elettore, di sua moglie Maria Elisabeth (a cui Mozart aveva dedicato sei sonate per violino e pianoforte composte a Mannheim e a Parigi, K301-306), o della sua favorita, la contessa Josepha Paumgarten, una dotata cantante, per cui il musicista l'8 maggio 1781 aveva composto il recitativo e aria Misera, dove son! - Ah! non son io che parlo K369. Il dramma attirava certamente Mozart, perché, dall'epoca della sua prima apparizione quasi settant'anni prima, non era stato ancora musicato. (R. Golding)

venerdì 9 settembre 2011

idomeneo (1)

Mozart ritornò alla sua Salisburgo nel gennaio 1779 dal lungo ma infruttuoso e sfortunato viaggio a Mannheim e a Parigi (che aveva incominciato nel settembre 1777). La sua musica attingeva a questo punto a nuova ricchezza e profondità in lavori come la Sinfonia in Dio maggiore n.34, la musica per Thamos, Re d'Egitto K345 e la Sinfonia concertante in Mi bemolle maggiore per violino e viola K364. Poi, attorno alla metà del 1780, il musicista ricevette un incarico per la composizione di un'opera per la stagione del carnevale di Monaco del 1781. Questa doveva rivelarsi come una svolta decisiva nella sua esistenza, tra la fine dei suoi anni di musicista salariato alla corte del Principe-arcivescovo di Salisburgo e l'inizio di una carriera indipendente a Vienna. La commissione egli venne da Carl Theodor, Elettore di Baviera, che, come Elettore del Palatinato, aveva fondato la famosa orchestra di Mannheim, che portò quasi di peso con sé nella nuova corte, quando succedette a Massimiliano III come Elettore di Baviera nel gennaio 1778. L'offerta pervenne a Mozart attraverso il conte Josef Anton von Seeau, Consigliere segreto e intendente degli allestimenti operistici e drammatici presso la Corte dell'Elettore (e dal 1778 al 1779 direttore del Teatro Nazionale di Monaco). Von Seeau aveva anche affidato a Mozart l'incarico di comporre La finta giardiniera K196, sempre per il carnevale di Monaco del 1774-75. La sua scelta venne senza dubbio sostenuta da vari influenti musicisti che Mozart aveva conosciuto durante il suo soggiorno a Mannheim tra il novembre 1777 e il marzo 1778; tra di essi, Christian Cannabich, direttore e primo violino dell'orchestra; il tenore Anton Raaf, il soprano Dorothea Wendling, suo marito il primo flauto, Johann Baptist Wendling, e Friedrich Ramm, il primo oboe.

salome

Terza opera di Richard Strauss, Salome, scoppiò come una meteora sulla scena del primo Novecento musicale e inaugurò un periodo di modernismo musicale. L’opera, alla prima tenutasi a Dresda nel 1905, è stata immediatamente condannata da critici conservatori per l’idea della sua decadenza morale, mentre – allo stesso tempo – fu lodata da ascoltatori più avventurosi che hanno sentito in essa i segni dell’avanguardia. Siegfried Wagner sottolineò la perversità di Salome e la classificò come opera pericolosa. Nel 1948, tuttavia, Arnold Schoenberg scelse dei brani di Salome come esempi di tonalità estesa.

Strauss ha basato il suo libretto per Salome sulla traduzione tedesca di Hedwig Lachmann dell’opera teatrale di Oscar Wilde del 1891 scritta in francese, caratterizzata dallo stile evocativo dei simbolisti, apparsa negli ultimi anni di una lunga tradizione di rivisitazioni letterarie delle storie del Nuovo Testamento. L’interpretazione di Salome come una donna patologicamente sessuale deve essere stata particolarmente intrigante per molti scrittori e artisti del periodo, data anche l’influenza dei lavori di Sigmund Freud e della psicopatologia in generale.

Strauss utilizza l’orchestrazione, i temi, le tonalità e le distinzioni tra i linguaggi musicali per trasmettere questo senso di Salome. Strauss amplia la gamma dell’orchestra affidando passaggi solistici estesi a strumenti insoliti, e facendo unire gruppi di strumenti in combinazioni nuove e suggestive. L'assolo del controfagotto alla fine del secondo intermezzo orchestrale è forse un caso singolare nella musica occidentale, e la combinazione di due arpe, celesta, piatti e legni che accompagnano il Erode dopo la danza di Salome dipingono un quadro inquietante del suo mondo demente. Strauss inoltre tesse continuamente il motivo ascendente d’apertura affidato al clarinetto creando un arazzo orchestrale frenetico, tipico di una pseudo-danza orientale.

Ciascuno dei personaggi principali canta in uno stile musicale che rivela aspetti del suo personaggio: la giovane principessa Salome canta con uno stile di declamazione (quasi civettuola) supportato da un’orchestrazione delicata di flauti, violini e celesta, mentre l’orchestra accompagna il suo monologo finale con la pienezza delle sue capacità dinamiche e timbriche. Per Jochanaan (Giovanni il Battista) la musica è devotamente tonale, favorendo la tonalità di la bemolle maggiore, che nel simbolismo tonale straussiano rappresenta la religione, e attraverso la quale Strauss illustra la pietà costante di Jochanaan. Il linguaggio musicale di Erode è strutturato con scale per toni interi; mancando una quinta perfetta, ma avendo invece il tritono disorientante e dissonante, i suoi passaggi trasmettono un senso di instabilità appropriata al perverso tetrarca.

mercoledì 22 giugno 2011

Bachiana Brasileira n.3

Le nove Bachianas Brasileiras sono le composizioni più popolari del grande compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos (1887 - 1959). Egli cominciò a comporre la serie nel 1930, anno in cui tornò da Parigi, dove aveva vissuto per circa una dozzina di anni ed era divenuto uno dei principali compositori della generazione modernista.

Al ritorno in Brasile ha proposto un sistema nazionale di educazione sulla base di materiale musicale. Le Bachianas Brasileiras avevano proprio lo scopo di mostrare la valenza della musica indigena che Villa-Lobos ha elogiato per le molte similitudini inerenti alla grande musica di Johann Sebastian Bach.

Tutte le Bachianas, dunque, hanno – come dice il titolo stesso – due facce: brasiliana e bachiana. Esse sono uniformemente più semplici e più classiche nella struttura di serie prima del grande Villa-Lobos 'delle composizioni, la Choros, che sono basati su un tipo di musica urbana di strada del Brasile, con quel nome.

La terza Bachiana Brasileira (la quarta ad essere composta) è nata come un brano per pianoforte solo, orchestrata più tardi dallo stesso autore che la numerò come terza.

È l’unica Bachiana scritta in forma di concerto strumentale. Si tratta infatti di un vero e proprio concerto per pianoforte in quattro movimenti. La prima esecuzione avvenne il 19 febbraio 1947, a New York City, con il compositore sul podio della Columbia Symphony Orchestra e José Vieira Brandao come solista.

Come al solito i quattro movimenti hanno un formale titolo "bachiano" in portoghese, seguito da un titolo "brasiliano".

Villa-Lobos inizia generalmente le sue Bachianas con un movimento lento in modo da condividere alcune delle caratteristiche melodiche di un'aria di Bach. Questo è il caso del movimento di apertura, "Preludio - Ponteio". È un tempo sostanzialmente lento, anche se la parte centrale (che non è in forma-sonata standard) è in tempo veloce che consente di sfoggiare una certa brillantezza da parte del pianista.

Il secondo movimento, "Fantasia - Devaneio" è veloce, con una sezione centrale ancor più veloce; mentre il terzo, "Aria - Modinho," è una canzone lenta e romantica con il classico inserimento di un tempo più veloce nella parte centrale del movimento.

Il finale è un altro dei ritratti che Villa-Lobos fa della natura. Si chiama "Toccata - Pica-Pau" ed è uno dei più raffinati brani del compositore. Picapau è il nome di un picchio brasiliano. Il suo verso veloce e spiccato è imitato dal suono ripetuto dei tamburi e da passaggi pianistici che richiedono un rapido alternarsi delle dita.

giovedì 12 maggio 2011

Bartók, The Wooden Prince

Delle tre opere teatrali composte da Bartók il balletto Il principe di legno è forse è la meno riuscita artisticamente. È stato comunque un grande successo per il pubblico al suo debutto a Budapest il 12 maggio 1917. Senza dubbio questo è dovuto in parte alle felici circostanze in cui è avvenuta la produzione. A differenza di molte delle opere precedenti di Bartók, le cui prime esecuzioni avevano sofferto di una preparazione insufficiente, la prima di Il principe di legno ha beneficiato di un ben 30 prove sotto la direzione di Egisto Tango.

Gran parte del problema posto da Il principe di legno si trova nella sua componente drammatica. La storia è stata scritta dal drammaturgo ungherese Béla Balász, che aveva già fornito il libretto per Il Castello di Barbablù (1911). Nel balletto il semplice racconto dei tentativi di un principe di corteggiare e conquistare una riluttante principessa attraverso l'uso di un manichino rappresentante se stesso è stata complicata dall’introduzione ad opera di Balász di una fata che inizialmente ostacola il Principe nel suo ardore ma poi si muove a pietà verso di lui e lo aiuta a conquistare la mano della sua amata. È da notare che il mutamento del cuore della fata sembra inspiegabile nel contesto rudimentale di una favola, mentre gli altri personaggi sono completamente unidimensionali, in netto contrasto con i ritratti psicologici profondi Balász forniti invece per Il Castello di Barbablù. Inoltre, nessuno dei personaggi viene identificato con un motivo distintivo musicale, come sarà il caso in un successivo lavoro di Bartók (il balletto-pantomima Il mandarino meraviglioso degli anni 1918-1919).

La partitura richiede una delle più grandi orchestre che Bartók abbia mai chiamato in causa, tra cui legni, corni, trombe, coppie di sassofoni e un grande dispiegamento di percussioni a suono determinato e non. L'introduzione, basata su una lunga triade di Do maggiore, che fa trascorrere ben tre minuti prima che si alzi il sipario, è stata addirittura paragonata a quella di Das Rheingold di Wagner. Ne Il principe di legno, Bartók esprime le sue idee musicali in un unico stile di impressionismo simile a quello che contraddistingue i Due pezzi per orchestra op. 10 (1910), e i Quattro Pezzi per orchestra op. 12 (1912). Mentre il mondo del suono è incantevole, la forma del pezzo è meno riuscita. Notevoli eccezioni sono però la musica fluttuante che accompagna l'episodio in cui la Fata fa’ sì che il fiume insorga contro il principe che cerca la principessa; l'episodio grottesco in cui la Fata incanta la figura stilizzata che il Principe ha modellato, provocandone la danza, è altrettanto sorprendente.

Nonostante allestimenti successivi, Il principe di legno non è entrato stabilmente nel repertorio ma è vi rimasto al massimo nella forma della suite da concerto creata dal compositore stesso nel 1921 e ampliata negli anni 1931-1932.

venerdì 6 maggio 2011

Momenti musicali

Franz Schubert (1797-1828) si è dimostrato non troppo legato a convenzioni o forme predefinite ma ha lasciato fluire la sua vena melodica anche in generi insoliti o addirittura nuovi.

È il caso dei Sei Momenti Musicali, piccoli brani come dice il nome, composti negli ultimi cinque anni di vita.

I Sei Momenti Musicali op. 94, composti fra il 1823 ed il 1828, sono brevi composizioni in forma tripartita e rappresentano un modo di far musica più immediato e diretto, meno legato ai più rigidi schemi della sonata classica, e quindi anche più facilmente accessibili al vasto pubblico. Intimi e meditativi i Sei Momenti Musicali, anticipano le varie forme pianistiche brevi che si sarebbero sviluppate nell'Ottocento. Basti pensare alle Romanze senza parole di Mendelssohn e ad alcune composizioni di Chopin.

I Sei Momenti Musicali ci conducono nella sfera più interiore e poetica di Schubert, quasi un quaderno di appunti della sua anima creativa. Brevi idee con brevi sviluppi, tanto più efficaci per la loro estrema semplicità. Composti in un arco di cinque anni, essi rappresentano momenti diversi di ispirazione. Il terzo, ad esempio, assomiglia ad una caratteristica danza russa; il quarto, in do diesis minore, è una sorta di moto perpetuo che richiama alla mente il preludio barocco; l'esuberante cavalcata del quinto col suo ritmo incessante di accordi ripetuti apre invece una parentesi più estroversa in questa serie di composizioni impregnate di una luce di pacata introspezione.

In una lettera ai genitori datata 25 luglio 1825 Schubert stesso scrive: "I momenti musicali sono stati accolti con entusiasmo. Li ho eseguiti non senza successo, poiché molte persone mi hanno assicurato che sotto le mie dita i tasti si trasformavano in voci che cantavano, il che, se vero, mi fa molto piacere poiché non posso sopportare quel modo di martellare lo strumento, presente anche in pianisti di prim'ordine, sgradito sia all'orecchio che al cuore".

Il n.5 è composto da una sola idea musicale, dapprima esposta in tutta la sua energica ostinazione ritmica, poi variamente elaborata. È l’unico brano di questa raccolta che fa’ quasi pensare ad un’esecuzione come bis in una sala da concerto anziché in un salotto.