lunedì 21 maggio 2018

Death in Venice - Graham-Hall, Shore; Gardner 2013 - Opus Arte

La particolarità di quest'opera - l'ultima composta da Britten e di cui non riuscì a curare personalmente la messa in scena per motivi di salute - è indubbiamente il peso dato al ruolo del protagonista, lo scrittore Gustav von Aschenbach, che domina entrambi gli atti di cui è costituita. Seppure non sia esatto parlare di un lungo monologo, si deve riconoscere che le sue riflessioni e moti del suo cuore, il lento ed inesorabile evolversi dei suoi sentimenti sono l'asse portante di tutto il dramma. A lui si affianca un altro cantate, nel registro di basso-baritono ma con uso anche del falsetto, che interpreta, assommandoli in sè, ben sette ruoli differenti ma che tutti si affacciano sulla vita di Aschenbach e con lui tentano di dialogare come moniti del suo destino. A tal proposito non è inutile notare come però sia soltanto dalla bocca dell'impiegato dell'agenza di viaggio che egli comprende la verità. Infine vi è Tadzio, il giovane polacco che già nel racconto di Mann proferisce poche parole e che nell'opera di Britten è interpretato da un danzatore; lui e la sua famiglia si presentano in scena al suono delle percussioni che sono molto ricche nella partitura e, attraverso il corpo di ballo cui è richiesto un importante contributo, rendono l'opera una sorta di opera totale comprendente recitazione, lirismo e danza. La drammaturgia dell'opera, strutturata in diciassette scene generalmente chiuse da un recitativo libero del protagonista e collegate da transizioni orchestrali, si dipana in un flusso unico che non conosce pause e che tiene sempre desta l'attenzione dello spettatore/ascoltatore.
Si capisce quindi che il ruolo di Aschenbach come anche della compagine orchestrale sono così determinanti da pregiudicare l'esito complessivo di tutta la produzione. 
Quella andata in scena all'English National Opera (che, a differenza del Convent Garden, ha da sempre un forte legame con le composizioni britanniche o tradotte in lingua inglese) nel 2013 è l'occasione per John Graham-Hall di scrivere una delle sue pagine memorabili. Esperto interprete del repertorio di Britten (di lui rimane l'unico attuale video dell'Albert Herring, peraltro), intepreta il ruolo di Aschenbach quasi alla stessa età in cui lo fece Peter Pears. Graham-Hall non ha problemi vocali anche se non più giovanissimo ma per questo rivela una maturità nella voce e nello stile che rendono affascianante ogni momento della sua recitazione. L'espressività e il coinvolgimento si manifestano nella ricchezza di sfumature, nelle mezze voci come anche nella dizione scolpita; i due finali di atto sono memorabili negli slanci lirici e nell'enfasi. Shore recita bene ma non sembra sempre a suo agio nelle diverse tessiture richieste: il falsetto del bellimbusto attempato è forse volutamente sforzato, la linea melodica del gondoliere è alquanto frammentata.
La recitazione rimane alta comunque in tutti i personaggi - come c'è da aspettarsi in una produzione tutta inglese -, anche se i personaggi cantanti da Shore - pur ben fatti - sembrano non essere all'altezza del protagonista che un po' rimane solo nelle sue allucinazioni e nella progressiva decadenza (soprattutto dalla metà del secondo atto in cui anche sullo sfondo compare un sole che sta tramontando).
La regia della Warner è di grande gusto e molto curata sin nei minimi dettagli come anche nelle scene d'insieme come quella degli attori di strada. Per la realizzazione del dvd si deve inoltre riconoscere la maestria della regia video che esalta e rinforza quella teatrale.
L'orchestra diretta da Garden è molto presente e fa sentire tutte le sonorità descrittive. Tra i momenti più significativi: il fraseggio nell'ouverture Venezia, la scena chiave della gondola misteriosa, la presentazione della camera da letto in albergo, la vivacità delle percussioni sulla spiaggia al primo arrivo della famiglia polacca.
Buona la prova del coro (forse un po' troppo invadente in scena al momento dei giochi di Apollo) e anche dei personaggi minori. Tra di essi, si distingue Tim Mead, voce di Apollo, nonostante qualche suono fisso.
Le coreografie sono eleganti e suggestive grazie ai giochi d'ombra.
Purtroppo la casa discografica Opus Arte non ha inserito i sottotitoli in italiano.
5/5

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