domenica 8 marzo 2009

tema e variazioni (2): capriccio

Il “capriccio” è una forma musicale bizzarra (da ciò prende il nome!) che non risponde a determinati schemi o moduli. Nasce nel sec. XVII come composizione strumentale dal carattere estemporaneo ed estroso. In seguito assume anche il significare di “studio”, cioè di esercizio tecnico per uno strumento.
Riguardo alla forma musicale “tema e variazioni”, possiamo ben inserire un percorso che ha per protagonista proprio un capriccio.
Si tratta di quello celeberrimo composto da N. Paganini al termine della serie dei 24 capricci op. 1 (1820). Paganini assegna alla forma del “capriccio” una dimensione e un significato nuovi. La successione svagata e brillante di note acquista un ordine netto, logico, pur senza rinunciare ai tratti bizzarri ed estemporanei tipici del barocco. La raccolta di quelli che spesso si risolvevano in esercizi scolastici viene trasformata in vera e propria musica, venendo investita di una qualità creativa nuova, e diventando anche un compendio della didattica, un manuale del perfetto violinista (da quest’ultimo punto di vista, potremmo fare un parallelo con le Sonate op. 5 di Corelli).
Il n. 24, appunto, è l’unico della raccolta in forma esplicita di “tema con variazioni”, riprendendo ed esaltando la consuetudine, riscontrabile nel tardo barocco, di concludere una raccolta violinistica all’insegna del bizzarro e dell’imprevedibile, talora con notevoli difficoltà esecutive. Il tema è un motivo simpatico e accattivante, dinamico e brillante, in tempo “quasi presto” che generazioni di musicisti riprenderanno per variarlo come fa lo stesso Paganini.
Ai capricci paganiniani si rifà, infatti F. Liszt nei suoi studi che sono brani in cui le possibilità tecniche del pianoforte sono esplorate fino ad un limite mai toccato in precedenza. Allo stesso tempo l’elaborazione e la progressiva trasformazione della forma testimoniano in modo ricco e completo la poetica lisztiana. I 6 Studi da Paganini (1838 e 1851) elaborano direttamente cinque capricci e il finale del concerto in si minore (il capriccio n. 24 viene elaborato nell’ultimo degli studi lisztiani sempre in forma di “tema con variazioni”).
I due quaderni di Variazioni su un tema di Paganini (che utilizzano sempre il tema del Capriccio op. 1 n. 24 in la minore) occupano un posto speciale nell’opera di J. Brahms: costituiscono un esempio unico di tema variato basato unicamente sull’elemento virtuosistico. Composte tra il 1862 e 1863, in queste variazioni Brahms ha saputo ricreare il diabolico virtuosismo dell’originale, tanto che Clara Schumann le soprannominò le “variazioni dello stregone”. Consistono in una versione pianistica dell’originale violinistico e in 28 variazioni divise in due quaderni. Nonostante i propositi virtuosistici – ciascuna variazione esplora inoltre una tecnica nuova –, l’opera non risulta affatto arida.
Propongo un sinteticissimo sguardo a quelle, forse, più belle ed interessanti.
I quaderno. Il tema viene esposto in la minore (tonalità originaria), in 2/4; le due mani suono in ottava, senza accompagnamento. I. Movimento continuo e grintoso di semicrome che richiede un gioco legato di seste alla destra e terze alla sinistra. Leggera variante armonica alla tredicesima misura in cui appare la sesta napoletana. VII. Le ottave cromatiche per moto contrario, nei registri estremi dello strumento, si oppongono a un disegno più fitto, in eco, nel registro medio. X. Assai lontano dallo spirito paganiniano, è uno studio tetro, in sincope, sotto voce, con crome staccate alla sinistra e terze legate alla destra. Il tema si trova nella zona centrale del pianoforte. XI. La maggiore. È un moto perpetuo un po’ naif come un carillon in ottave su uno sfondo di semicrome. XII. La maggiore. Riflessi cangianti di sonorità intrecciate alle due mani che sembrano giocare con l’acqua. Il motivo ostinato della sinistra (sei semicrome/una croma) è abbellito da sestine alla destra.
II quaderno. IV. Poco allegretto, con grazia: un valzer viennese, languido, senza notevoli difficoltà pianistiche. V. Un delicato scherzo in ritmo ternario: il tema è ridotto al suo scheletro armonico sullo scorrere delle terzine della mano sinistra. VI. Un capriccio violinistico, senza accompagnamento. XII. Poco andante in fa maggiore: intermezzo lirico e sentimentale alla maniera viennese. L’unico studio che sfugge alla tonalità di la. È scritto a tre voci. La destra svolge il canto in ottave avvolto dagli arpeggi della sinistra.
Anche nel Novecento, il fascino dell’ultimo capriccio paganiniano e il desiderio di riprenderlo sotto forma di “tema con variazioni” è stato fruttuoso e ha prodotto, ad esempio, la Rapsodia su un tema di Paganini op. 43 per pianoforte e orchestra di S. Rachmaninov. L’autore qui raggiunge i più alti vertici del virtuosismo pianistico e della ricerca di effetti pianistici sempre più sorprendenti, a discapito forse del vero e proprio approfondimento musicale.
Anche qui propongo alcune suggestioni.
Introduzione. Poche battute orchestrali utilizzano alcuni frammenti melodici del tema principale.
I. Precede l’esposizione del tema presentandone semplicemente lo scheletro ritmico.
Tema. Esposto dai violini.
VIII-IX-X. Variazioni virtuosistiche caratterizzate dalle possenti masse accordali del pianoforte (VIII), da un’insistente sincope ritmica (IX), dall’inserimento del tema dell’antica sequenza gregoriana Dies irae (X). È un trittico di variazioni che sempre riprodurre il ritmo della civiltà industriale del lavoro e dell’ansia produttiva.
XIX. Eterei disegni nel registro acuto del pianoforte con un ritmo stravolto e carattere metallico.
XXIII. Ritorno del tema esposto dal pianoforte e subito ripreso dall’orchestra.
XXIV. Il discorso musicale si fa serrato e stringente: i frammenti del tema principale si combinano con il tema del Dies irae. La composizione termina (stranamente?) in pianissimo con un semplice pizzicato degli archi.

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