venerdì 17 aprile 2009

la notte (3)

La Sonata in do diesis minore op.27 n.2 di Beethoven (1770-1827) è nota con il titolo Chiaro di luna. Ma titoli romantici come questo vennero di rado apposti dall’autore (mi viene in mente anche La Tempesta). Questa denominazione, infatti, fu coniata dal poeta Ludwig Rellstab il quale dichiarò che questa sonata evocava a lui una passeggiata notturna “al lume di luna” sul lago dei Quattro Cantoni. Prima di allora, questa sonata fu soprannominata dai contemporanei di Beethoven come “sonata della pergola” nella convinzione che l’autore l’avesse ideata all’ombra di un pergolato. Secondo altri, invece, che dichiarano di aver ricevuto le confidenze di Beethoven, il celebre primo movimento sarebbe stato improvvisato presso il catafalco di un amico e risulterebbe dunque una marcia funebre.
L’Adagio sostenuto porta l’indicazione “sempre pianissimo” di pugno dell’autore. Dai registri gravi del pianoforte, in modo quasi mormorante, prende vita la risonanza austera e grandiosa che fornisce il controcanto alla melodia. Questa fiorisce dolcemente alla quinta battuta, e canta sull’accompagnamento che ha un suono dalla rassicurante ciclicità. La pagina poi si svolge con andamento fluido e continuo tanto da dare l’impressione che il tempo venga abolito (effetto infrequente all’epoca). La natura malinconica del brano cresce man mano che esso progredisce, come se l’autore volesse lasciar trasparire le sue incertezze esistenziali. Così suona anche l’epilogo, con il suo accompagnamento che svanisce nelle ottave basse dello strumento dalle quali era nato.

Anche Debussy (1862-1918), ispirandosi alle poesie di Paul Verlaine, decise di comporre una pagina intitolata Chiaro di luna all’interno della meravigliosa Suite bergamasque. È un andante molto espressivo, pagina sognante dall’inizio esitante; il canto ha un profilo spezzato, non ben definito. È la stessa luce naturale che rischiarava la Sonata di Beethoven ed è sempre una luce in contrasto con quella piena e calda del sole; ma non è strano pensare che siano situazioni abbastanza diverse quelle che si svolgono alla luce della stessa luna. Prima eravamo quasi avvolti ed abbracciati (sensazione dovuta anche al tipo figurazioni utilizzate) da raggi seppur flebili, ora invece, all’interno di figurazioni spesso frammentate, sembra proprio di rimpiangere quel calore e quella pienezza di luce che sono proprie del giorno.

Nessun commento:

Posta un commento