mercoledì 25 febbraio 2009

Nel volto estatico

Nel volto estatico: con questo verso inizia l’ultima sezione del quintetto del I atto de “La Cenerentola” di Gioacchino Rossini: Nel volto estatico / di questo e quello / si legge il vortice / del lor cervello, / che ondeggia e dubita / e incerto sta.
La vicenda del melodramma è quella della classica fiaba già narrata da Perrault da cui però il librettista, Jacopo Ferretti, si discostò notevolmente per adattare il soggetto ad alcune forme e stereotipi tradizionali dell’opera comica nonché al gusto particolare del pubblico romano (l’opera fu rappresentata per la prima al Teatro Valle il 25 gennaio 1817).
Tra gli elementi che fanno la differenza è evidente come l’apporto del soprannaturale e il ruolo del fantastico vedano un’intensa diminuzione. Ma è da osservare che Ferretti si trovò a lavorare non direttamente sul testo di Perrault ma su libretti di altre opere che facevano così da prima mediazione (i libretti di Étienne e di Fiorini per le opere, rispettivamente, di Isovard e di Pavesi).
Così nella Cenerentola di Ferretti-Rossini la protagonista perde un bracciale, e non una scarpetta, per non offendere il pudore della censura romana; in luogo della matrigna troviamo un patrigno che si trova a suo agio in un’opera buffa dove non sono mai mancati richiami a piccoli nobili ambiziosi, spiantati e sciocchi; la fata viene sostituita dal saggio filosofo Alidoro; viene creata la nuova figura di Dandini il cameriere per poter divertire con gli equivoci provocati dalla sostituzione del suo ruolo con quello del principe don Ramiro.
Tutto ciò non fece che riporta la fiaba delicata e incantata nel contesto più comune dell’opera buffa: un clima realistico non scevro dalla presenza di elementi convenzionali. Questo non fece bene ai giudizi sull’opera, spesso accusata di forti mancanze e debolezze sul piano strettamente librettistico e drammaturgico.
Per fortuna, la musica di Rossini è ben lontana dal conoscere fragilità e qui (siamo negli anni più fecondi della sua produzione) si manifesta appieno nella sua grandezza.
L’ultima sezione del quintetto del I atto, Nel volto estatico appunto, musicalmente vuole riprodurre tutto ciò che il testo esprime: l’estasi dei volti dei personaggi coinvolti, il vortice dei pensieri che si rincorrono nella loro testa, l’ondeggiare e il dubitare dei sentimenti diversi che ognuno vive, l’incertezza di fronte ad una strana piega che la vicenda assume.
Si colloca, infatti, questa sezione finale del quintetto, in un momento di pausa della narrazione, come per fare una sosta di fronte agli avvenimenti (non si tratta di un coro ma di un concertato che prende su di sé l’antica funzione di commento riservata al coro e in cui, nelle rappresentazioni, anche i cantanti assumono una posizione statica). Ciò si realizza prima con un brano più belcantistico in cui tutti i protagonisti cantano lo stesso testo dal ritmo danzante che asseconda lo stupore e la meraviglia (Nel volto estatico / di questo e quello / si legge il vortice / del lor cervello, / che ondeggia e dubita / e incerto sta) e poi con una parte più vivace e sillabata in cui i testi e le emozioni di differenziano e si rivelano: si passa così dalla rabbia trattenuta a denti stretti di don Magnifico (Se tu più mormori / solo una sillaba / un cimiterio / qui si farà), al timore di Cenerentola per la sua sorte (Deh soccorretemi, / deh non lasciatemi. / Ah! Di me, misera, / che mai sarà?); dalla furia di don Ramiro ormai innamorato (Via, consolatevi. / Signor, lasciatela. / Già la mia furia / crescendo va), ai vani desideri di Dandini che fa fatica a calarsi nella parte del principe (Io sono un Principe, / o sono un cavolo? / Vi mando al diavolo: / venite qua); si frappone nella scena Alidoro che, unico, richiama tutti a cessare dallo strepito e a fare silenzio (Via, meno strepito: / fate silenzio. / O qualche scandalo / qui nascerà).
Capolavoro dell’arte rossiniana, richiama il Largo concertato del “Barbiere di Siviglia” Freddo ed immobile sia per il carattere che per il ruolo e la posizione. È un quintetto che cela al suo interno interrogativi, momenti di sospensione, pensieri sussurrati e sovrapposti; tutto però viene estratto dal testo e dal cervello dei personaggi attraverso la musica che si appoggia quasi esclusivamente sulle voci che giocano tra di loro, si intrecciano, si distaccano e si ricompongono, sopra un esile tessuto orchestrale di fondo.

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