sabato 6 giugno 2009

danza (3)

Lo Schiaccianoci op.71a (1892) è un’opera ironica, gioiosa, fantastica, fiabesca, di grande immediatezza. I brevi movimenti che la compongono presentano però una certa carenza di contenuti importanti dal punto di vita formale e compositivo: sono infatti costituiti da uno o al massimo due temi che vengono semplicemente alternati o ripetuti tra loro con piccole variazioni. Tutta l’accattivante suggestione che da essi deriva è perciò dovuta all’originalità dell’invenzione melodica e alla raffinatezza dell’orchestrazione.
Nella Danza della fata confetto il tema è affidato al suono argentino della celesta, strumento a tastiera basato sulla percussione di piccole piastre di metallo, capace di creare un’atmosfera incantata e vagamente surreale (è come se volesse catapultarci nel mondo dell’infanzia); strumento che Cajkovskij si fece portare da Parigi segretamente, temendo che altri compositori russi gli rubassero l’idea. Dopo l’esposizione del tema vi è un episodio intermedio concluso da una breve cadenza della celesta, a cui seguono la ripresa del tema e la conclusione.

I modelli di Respighi furono inizialmente classici, ma ben presto egli risentì l’influsso dell’impressionismo francese (Debussy), della scuola russa (Rimski-Korsakov) e del tardo romanticismo tedesco (R. Strauss): da questi musicisti apprese la tecnica della strumentazione e il gusto per il colore orchestrale. Sentì forte il bisogno di un legame costante con la tradizione italiana e con gli elementi musicali della nostra cultura popolare: così calò nella sua sensibilità una tematica tipicamente italiana, a volte popolaresca e specificamente romana, a volte risalente al passato della musica strumentale.
Antiche danze ed arie per liuto sono 3 suite di danze composte rispettivamente nel 1917, nel 1923 e nel 1931. Per un lungo periodo della sua attività creatrice, Respighi è accompagnato quindi da queste suites in cui testimonia il suo amore per l’antica musica italiana e la sua aspirazione a farla rivivere in forma moderna. Non si deve fraintendere il titolo dell’opera: la parola “aria” potrebbe condurre su una falsa via poiché alla base di queste composizioni ci sono dei pezzi per liuto del XVI e XVII secolo. Sono pagine festose in cui è possibile rilevare una notevole unità di stile nonostante siano state composte nell’arco di quindici anni. Il linguaggio orchestrale è abile e brillante e le antiche melodie rivivono con freschezza nella moderna strumentazione.

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