martedì 5 maggio 2009

la gioconda, atto primo

Il primo atto è ambientato nel cortile di palazzo Ducale parato a festa in una Venezia del XVII secolo. La prima scena è imgombra di popolo festante in attesa della regata. Mentre il coro di marinari e il popolo inneggiano, Barnaba (baritono), presso una colonna, osserva e ode i festeggiamenti. Quando poi, nella seconda scena, la popolazione esce di scena, rimasto solo, Baranaba si rivela come la spia del Consiglio dei Dieci ("con lavorio sottile e di mano e d'orecchio colgo i tafani al volo per conto dello Stato"). Nella terza scena entrano Gioconda (soprano) e la madre (contralto). Si parlano con affetto reciproco mentre Barnaba le guarda segretamente desiderando Gioconda ("Sovr'essa stendere la man grifagna! Amarla e coglierla nella mia ragna! Terribil estasi dell'alma mia! Sta in guardia! L'agile farfalla spia!"). Quando Gioconda fa' sedere la madre e si avvia in cerca dell'amato Enzo ("Io vado a ritracciar l'angelo mio"), Barnaba viene preso da un momento di rabbia ("Derision!") e sbarra la strada a Gioconda. Questa, nel respingere la sua offerta d'amore, passa diversi stati d'animo: dal sospetto ("funesta m'è la tua faccia da mistero"), al disprezzo, al ribrezzo, alla paura. Dopo essere fuggita con un grido, la madre si alza smarrita e cerca la figlia. Barnaba la osserva silenzioso immaginando che "quella larva che la man protende" potrebbe essergli di aiuto per tenere "il cor della figlia incatenato". La quarta scena, con il suo gran numero di personaggi e il suo ritmo movimento, ci fa entrare all'interno del malefico progetto di Barnaba: mentre il coro del popolo rientra portando in trionfo il vincitore della regata e beffeggiando lo sconfitto Zuane, la spia capisce che anch'egli può essergli utile nel suo piano. "La vera cagion" della sconfitta di Zuane, così fa credere Barnaba, non è "la prora ... greve ed arrembata" ma una maledizione: "una malia bieca sta sul tuo capo". E mentre il popolo si diletta ancora nei festaggiamenti e nei giochi, Barnaba dirige la rabbia di Zuane sulla cieca che avrebbe scagliato sulla sua barca "un segno maliardo, un magico segno ... parole tremende, lugubri anatemi". Tra lo stupore e l'esclamazione, tutti decidono di scagliarsi contro la povera donna che sta pregando le litanie alla Vergine credendo, invece, che stesse brontolando parole di iettatura: "Addosso! Accoppiamola!". Nel clamore generale, Barnaba si rallegra tra sè per aver creato quella situazione, "scagliato ho il mio ciottolo", e si premura di non subirne danni, "or fuggo la frana", convinto di poter raggiungere il suo scopo, "Ho in man la mia vittima, ho in man due destini". Al grido di tutti "a morte la strega", rientra Gioconda con Enzo che cerca inutilmente di sottrarre la cieca alla furia popolare: "Assassini! Assassini! Quel crin venerando rispettate!". All'inizio della scena quinta entra Alvise (basso), attratto dal tumulto, accusando la plebe di arrogarsi "fra le ducali mure i diritti dela toga e della scure", insieme con la moglie Laura (mezzosoprano) che intercede per la madre di Gioconda: "è cieca! o mio signor! fa ch'essa viva! ... Essa ha un rosario! No, l'inferno non è con quella pia". Nonostante Barnaba insista con Alvise che la cieca è rea di maleficio, Gioconda si getta ai suoi piedi parlando della povertà sua e della madre e Laura riesce a convincere il marito a salvare la donna che, pur non vedendo "di quella santa il volto", in segno di ringraziamento, le dona il suo rosario. Nel frattempo, Enzo e Laura si sono scambiati numerosi sguardi e, dopo che ella ha rivelato il suo nome a Gioconda, Enzo la riconosce e trasale. Quando tutti lasciano la scena per recarsi nella basilica di san Marco, Barnaba, (siamo ormai nella scena sesta) avendo compreso che Enzo non è un marinaio ma un principe genovese proscritto e che ama ancora Laura pur sposata contro la sua volontà con Alvise, approfitta ancora della situazione e lo provoca: "La cantatrice errante ami come sorella, e Laura come amante". Smascherato, Enzo accetta la proposta di Barnaba di incontrasi su un vascello con l'amata e di fuggire: "Badoer questa notte veglia al dogale ostello con Gran Consiglio. Laura sarà al tuo vascello". Ma quando Enzo chiede chi sia il "lugubre benefattor", Barnaba rivela la sua identità e il desiderio di far schiantare il cuore di Gioconda che non corrisponde al suo amore. Per questo Enzo lo maledice e si allontana in attesa di incontrare Laura. Nella scena settima, Barnaba chiama Isepo (tenore) e, senza accorgersi della presenza di Gioconda, gli detta la denuncia da portare al capo dell'Inquisizione: "La tua sposa con Enzo il marinar ... stanotte in mar ti fuggirà sul brigantimo dalmato". L'ultima scena, l'ottava, vede entrare nel cortile un gruppo mascherato che danza una furlana mentre da san Marco giunge il canto di una preghiera. L'atto si chiude con l'angoscia e il tormento di Gioconda, al corrente delle macchinazioni di Barnaba, e con il tentativo di conforto della madre: "vieni e facciamo un sol di due dolor!".

Nessun commento:

Posta un commento